prove non distruttive

Prove Non Distruttive: le tipologie

Le PND si suddividono in due grandi categorie:

  • Prove superficiali, che evidenziano difetti sulla superficie dei materiali.
  • Prove volumetriche, che individuano imperfezioni interne.

Vediamo ora le principali tecniche utilizzate.

CORRENTI INDOTTE

Questa tecnica sfrutta l’induzione elettromagnetica per individuare difetti nei materiali conduttivi. Un piccolo induttore, appoggiato sulla superficie, genera correnti parassite. Quando incontrano una discontinuità, il percorso e l’impedenza cambiano, permettendo di rilevare imperfezioni.

Il metodo è:

  • estremamente sensibile,
  • rapido da applicare,
  • adatto all’analisi di geometrie complesse, variazioni di spessore, cricche e surriscaldamenti.

È molto utile, per esempio, per il controllo delle funi di sollevamento, accertandone integrità interna e usura.

LIQUIDI PENETRANTI

Questa prova si basa sulla capillarità: un liquido penetra nelle microfessure presenti sul pezzo da esaminare. Successivamente, si rimuove il liquido in eccesso e si applica una polvere rivelatrice, che riporta il liquido in superficie, evidenziando eventuali difetti.

La visualizzazione avviene:

  • per contrasto di colore,
  • oppure con luce nera UV (fluorescenza).

Si tratta di un metodo molto diffuso, poiché:

  • è semplice e veloce,
  • è efficace su tutti i materiali non porosi,
  • consente di rilevare cricche da fatica o da surriscaldamento.

 

    MAGNETOSCOPIA

    Questa tecnica sfrutta la magnetizzazione per identificare discontinuità nei materiali ferromagnetici. Quando si magnetizza un pezzo, eventuali difetti provocano dispersioni nel flusso magnetico, che attraggono particelle ferromagnetiche fluorescenti.
    Il controllo può essere:

    • visivo, con luce bianca o UV,
    • oppure elettronico, con sonde speciali.

    La magnetoscopia è indicata per:

    • identificare difetti fino a 6-7 mm sotto la superficie,
    • controlli su acciai e materiali ferrosi.

    ULTRASUONI

    Il metodo a ultrasuoni utilizza un trasduttore per generare onde sonore ad alta frequenza. Quando queste onde incontrano un difetto o un bordo interno, si riflettono. Il trasduttore ricevente le rileva, trasformandole in segnali elettrici visualizzati su uno schermo.

    È una tecnica:

    • veloce ed efficace,
    • adatta a materiali con bassa attenuazione acustica,
    • capace di ispezionare anche spessori elevati (fino a 10 metri di acciaio).

    Per garantire un buon contatto tra sonda e superficie, si usano gel, oli o acqua. In alternativa, le sonde EMAT permettono il controllo senza contatto diretto.